La Garbatella
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Una parte della Garbatella (quella in evidenza) vista dall'alto (anno '65).
In basso a sinistra si vede la basilica di San Paolo e proseguendo la parte dei mercati generali.
Si può notare anche la parte di ponte Marconi con vicino il lungo tevere.
In questa foto si vede la Garbatella nel 1945-1950 fotografata da un aereo.
A sinistra si vede Via delle Sette Chiese, in mezzo la chiesa di San Francesco Saverio con la scuola statale a sinistra.
La foto è fatta all'altezza della C.Colombo.
La Garbatella è un quartiere di Roma appartenente al Municipio XI,
si trova tra la Via Ostiense e la Cristoforo Colombo ed è attraversata da Via delle Sette Chiese.
Il quartiere fu fondato negli anni ‘20 sui colli che dominano la Basilica di San Paolo fuori le mura e prende il nome, secondo un'ipotesi abbastanza leggendaria (e maliziosa), dall'appellativo dato alla proprietaria (particolarmente “garbata e bella”) di un'osteria, o ancora per l’amenità del luogo, o infine, secondo un’ipotesi più scientifica, per il tipo di coltivazione della vite (“a barbata” o “a garbata”, appoggiando le viti ad alberi di acero o olmo) in uso sui colli.
La costruzione del quartiere fu affidata a giovani ma promettenti architetti
(Pietro Aschieri, Gino Cancellotti, Innocenzo Costantini, Mario De Renzi, Gustavo Giovannoni, Mario Marchi, Plinio Marconi, Marcello Piacentini, Trotti, Innocenzo Sabbatini e Luigi Vietti).
L’assetto architettonico trova un giusto compromesso tra l’estetica e la pratica: è un quartiere popolare e popoloso, ma le abitazioni sono collocate, almeno nel nucleo storico, in graziosi villini o palazzine di tre piani al massimo, con grande cura per i dettagli e per la diversificazione degli stili.La Garbatella è tradizionalmente suddivisa in lotti, occupati da costruzioni che circondano cortili e giardini che, soprattutto in passato, erano punti di ritrovo per la popolazione: lavatoi e stenditoi, botteghe e cantine, sedie e muretti.
Storia
Dopo la prima guerra mondiale Roma visse una fase di grande sviluppo edilizio, paragonabile per alcuni versi a quella del secondo dopoguerra.
Il settore sud della capitale, nelle intenzioni degli urbanisti umbertini, doveva essere connesso al lido di Ostia tramite un canale navigabile parallelo al Tevere, che non fu però mai scavato.
Tale canale avrebbe dovuto fornire Roma di un porto commerciale praticamente in centro (siamo a meno di duecento metri dalle mura) nei pressi dell'odierna via del Porto Fluviale, situata al confine tra Garbatella e Testaccio;
nella zona a ridosso del canale avrebbero dovuto sorgere una serie di lotti abitativi destinati ad ospitare i futuri lavoratori portuali.Fu con questa idea che il re Vittorio Emanuele III posò la prima pietra a piazza Benedetto Brin,
il 18 febbraio del 1920: nell'iscrizione che commemora quel giorno si legge che il promotore dell’opera urbanistica fu l’Ente per lo sviluppo marittimo e industriale. La vocazione inizialmente marinara del futuro rione XXIII può essere agevolmente desunta anche dalla toponomastica della parte più antica, ispirata essenzialmente a personaggi legati al mondo navale.
Il progetto fu intrapreso in un’area allora semidisabitata e coperta da vigne e pascoli per pecore.
Significativa eccezione costituiva la Basilica di San Paolo fuori le Mura, dalla quale si dipartiva (via delle Sette Chiese), una strada di raccordo ortogonale alle vie consolari Ardeatina e Appia, della quale si servivano i pellegrini diretti al Santuario del Divino Amore;
proprio su uno sperone roccioso che dominava la basilica (sul lato sinistro dell'odierna via Ostiense, presumibilmente all'altezza del Sepolcreto Ostiense) sorgeva un'osteria, la cui più celebre ostessa fu una donna di nome Carlotta
(o Maria, secondo recenti studi), tanto benvoluta dai viaggiatori che di frequente chiedevano ostello presso la sua locanda, da meritare il nome di Garbata Ostella, successivamente sincopato in Garbatella.
Le ragioni del favore concessole, suggeriscono i più, risalgono alla sua caritatevole attitudine verso i bisognosi, anche se non manca chi ha voluto trovare nella sua "garbatezza" una qualche allusione ai favori che, si ritiene, fosse usa concedere ai viaggiatori.
Nella zona sorgeva la Chiesetta dedicata ai santi contadini Isidoro ed Eurosia, già nota al popolo come Chiesoletta, dove secondo la leggenda sarebbe avvenuto un incontro tra San Filippo Neri, ideatore del pellegrinaggio delle Sette Chiese,
e San Carlo Borromeo.
Fino al 1930 circa il nome del quartiere fu dibattuto: le possibili alternative prese in considerazione furono, oltre al nome attuale, Concordia e Remuria, quest'ultimo nome proveniente dalla leggenda secondo la quale Remo avrebbe fondato qui la sua città, diversamente da quanto afferma la meglio nota leggenda romana, tradita da Tito Livio (Ab Urbe Condita), il quale ne situa la collocazione sull'Aventino (il colle su cui sorge la Garbatella è in effetti il secondo che si presenta al viaggiatore che proseguisse verso il litorale, una volta lasciato l'Aventino alle spalle).
Architettura e urbanistica
L’architettura del quartiere fu inizialmente improntata al modello inglese delle città giardino (Garden Cities) ben collegate e vicine alla città, abitate da operai e comprendenti significativi spazi verdi coltivabili, tali da fornire ai lavoratori residenti una preziosa, e ulteriore, fonte di sussistenza: l’orto (un ulteriore tentativo fu iniziato più tardi, nell'edificazione del quartiere denominato appunto Città Giardino, nella zona nord di Roma).
Nei lotti più antichi ancora rimasti nei pressi di piazza Benedetto Brin (alcuni dei lotti tra i più vetusti sono stati demoliti negli anni '70, durante il “sacco di Roma” messo in atto dagli speculatori edilizi) si nota come il rapporto tra le metrature edificate e quelle dedicate al verde “privato” fosse tra i più alti nell’Italia dell'epoca (e certamente di quella attuale);
tale peculiare struttura urbanistica doveva conferire alla nascente Garbatella l’aspetto di una contrada agreste, simile a quelle esistenti nei borghi del circondario, cosicché l'immigrazione delle maestranze provenienti da ogni parte dell'agro laziale a Roma sarebbe stata meno traumatica, permettendo loro di ricostruire nella città quella rete di solidarietà sociale che in provincia continuava ad essere un elemento precipuo, diversamente dalla città, allora sul punto di diventare metropoli.
Lo stile architettonico dei primi lotti fu denominato Barocchetto dai suoi creatori Giovannoni e Sabbatini, coadiuvati successinvamente da Costantini, Piacentini, De Renzi, e Nori;
simili al barocco sono le modanature di sapore medievale, le figure di animali riscontrabili nei fregi, l’utilizzo estensivo di decorazioni d’ispirazione floreale e botanica, restando però queste nell’ambito dell’edilizia popolare e, dunque, povera: al posto di marmi pregiati, stucchi e calce bianca.
Con l’avvento del fascismo la pianificazione urbanistica del quartiere subì un drastico cambiamento: il rapporto verde-edificato calò sensibilmente, l’idea del porto fluviale venne definitivamente abbandonata e cominciarono ad essere costruite abitazioni più simili ai moderni condomini che alle precedenti villette. Restò comunque ferma l'intenzione di costruire, oltre agli spazi abitativi privati, se non giardini e orti comuni, comunque spazi pubblici, come stenditoi o asili nido
(nelle osterie di Garbatella si raccontano ancora le storie delle zuffe tra comari per il possesso di un filo per stendere la biancheria...).
Si cominciò allora a costruire palazzi più grandi e alti per ospitare un sempre crescente numero di immigrati, come ad esempio il Lotto VIII in via Luigi Fincati.
Il culmine di questo mutamento si nota nell’impianto progettuale dei tre lotti chiamati Alberghi (Rosso, Bianco e Giallo) nei pressi di piazza Eugenio Biffi, strutture nate pochi anni dopo le villette dell'inizio dell'edificazione dell'area (dal 1927), ma significativamente differenti dal punto di vista funzionale oltreché estetico.
Si deve tener presente che, sebbene l’urbanistica d’epoca fascista abbia mutato in maniera radicale l'impostazione nata dall’idea delle città giardino, essa conservò per la Garbatella un carattere sperimentale di borgata a misura d’uomo, che si contrapponeva in maniera drammatica alla vicina baraccopoli di “Shangai” (odierna Tor Marancia).
Monumenti
Nel giardino pubblico (ex vigna Serafini) si trova l’ingresso delle catacombe di Commodilla, con una basilichetta ipogea databile alla fine del IV secolo, un cimitero dipinto con scene bibliche (tra cui una curiosa immagine del Cristo orientale) e le effigi dei martiri San Felice e Sant’Adautto. Tra i monumenti più recenti, celebre è la Fontana di Carlotta con la relativa scalinata. Caratteristico è anche il bassorilievo raffigurante la “Signora Garbatella”, in piazza Geremia Bonomelli.
L'intero quartiere, con i suoi archi, le sue fontane, le sue palazzine e i suoi balconi, può essere considerato un grande monumento a sé stante.